Baby Gang: gioventù allo sbando

Si uniscono in branco, prima per gioco poi per “diletto”. Seguono il modello delle bande latine, mischiando rap (anche se ultimamente va per la maggiore il trap) con alcol e droghe. Le baby-gang non hanno codici di comportamento, se non uno: la violenza è divertimento e il divertimento merita di essere ripreso e pubblicato su tutti i social. Furto, atti vandalici, rapine, spaccio, aggressioni e abusi sessuali di gruppo sono alcune delle condotte devianti compiute da ragazzi minorenni che, al di là delle loro condizioni socio-economiche, si riuniscono in gruppo con il preciso scopo di commettere reati. Il gruppo rappresenta il porto sicuro dei giovani membri delle gangs, gruppo che si può sviluppare in diversi contesti, nella scuola o per le strade. In Italia sembra essere scoppiata l’emergenza baby gang, ma a livello psicologico ed educativo, la vera emergenza è prendersi carico di ragazzi sempre più soli. I motivi non sempre ci sono, e sono comunque futili, delle scuse per aggredire: il colore della pelle, uno sguardo di troppo alla ragazza di turno, la presenza in una piazza dove chi non fa parte del giro “non dovrebbe stare”, episodi ahimè sempre più frequenti. A muovere questi adolescenti sono banalmente la noia, la stupidità, la voglia di apparire forti e senza paura, ma soprattutto la totale mancanza di regole e di rispetto verso i principi umanitari della convivenza civile. E di fronte alle prodezze dei piccoli bulli, troppi genitori tendono a minimizzare e a giustificare, forse anche perché ammettere le colpe dei figli è un po’ come ammettere le inadeguatezze di adulti. La scusa del lavoro e degli impegni non tiene. I ragazzi sanno comprendere benissimo il sì e il no.

Attualmente, nella nostra società si assiste ad un comportamento costante, quello di “mostrarsi” non solo in televisione ma anche su Facebook, su Youtube o sui telefonini. Sui social network o sul web, un messaggio aggressivo può essere letto da moltissime persone in tutto il mondo … e allora mi domando: che ruolo hanno i social nel dilagarsi di questo fenomeno preoccupante?

La cosa che deve far riflettere è il perché oltre ai ragazzi che vivono una situazione difficile ce ne siano anche altri che nonostante abbiano alle spalle genitori per bene, arrivino a seguire la massa ed essere violenti.  È possibile che un ragazzo possa essere segnato dai social media, da video o da commenti che instaurano odio? Internet è una fonte di informazioni immensa! Navigando, il giovane si può imbattere in video macabri, caricati sia per instaurare terrore o per semplice informazione giornalistica per adulti.

La domanda che mi pongo, e già da qualche tempo è: cosa vuol manifestare il giovane con l’uso della forza? 

La famiglia oggi non può più da sola arginare il malcostume dominante. I giovani vivono molte ore fuori casa in quella società della strada nella quale si confrontano ed è per questo che la famiglia può aiutarli relativamente. Deve intervenire anche lo Stato creando spazi, luoghi sani dove i giovani possano incontrarsi senza bisogno di tanti soldi per divertirsi. E’ innegabile che gli adolescenti, da sempre, hanno un desiderio irrefrenabile di uscire dalle mura domestiche per espandersi nel mondo dei coetanei, sono alla continua ricerca di spazi di vita propri, di luoghi in cui trascorrere del tempo affermando la propria autonomia ed indipendenza, allora perchè non dare loro degli spazi?

E torniamo a noi: il bisogno di socialità è un elemento connaturato alla condizione umana. Un’affermazione tanto condivisa da apparire quasi scontata, in tempi normali. L’emergenza Covid, i periodi di confinamento divenuti necessari per limitare i contagi, la rarefazione dei rapporti sociali che ne è spesso conseguita, hanno mostrato come non si tratti affatto di una questione puramente teorica, ma di un bisogno umano primario. Certo, è anche sbagliato credo dire che le baby gang e i giovani violenti siano quasi nati in questi 2 ultimi anni di emergenza e confinamento ma è altrettanto giusto osservare come la “cattività” cui i giovani sono stati costretti ha acuito un senso di ribellione, di estremo nervosismo: la pandemia ha prodotto pesanti danni psicologici, dall’aumento di ansia, depressione e disturbi alimentari, a problematiche relazionali che possono sfociare nell’isolamento, ma anche nell’aggressività, in famiglia e fuori. Ecco l’urgenza più grande: non sottrarsi all’appello dei ragazzi, saper rispondere al loro grido. Non lasciarli da soli e credere nelle loro risorse.