
Muove dal film “Boxing Helena” di Jennifer Chambers Lynch la creazione, liberamente ispirata, di Emma Cianchi dal titolo “Boxing Valentine”, che andrà in scena giovedì 16 gennaio 2025, alle ore 21.00, al Teatro Nuovo di Napoli, nell’ambito della rassegna Open Dance 2025, dedicata alla danza d’autore. La coreografa ci porta per mano nel racconto del suo thriller psicologico, interpretato da Valentina Schisa e Antonio Nicastro/Gioele Barrella.
Il tragico tema della violenza di genere proposto con il linguaggio della danza: a quando risale l’esigenza di portare in scena un’opera così intensa?
L’ispirazione è arrivata dal film Boxing Helena, che avevo visto anni fa e in cui mi colpì l’effetto disturbante del desiderio di possesso. Sono passata alla realizzazione del lavoro alla fine del 2022 e la mia necessità era esplorare l’idea di un amore malato, tossico, che imprigiona e annulla l’identità, spingendo a riflettere sulla violenza di genere e sulle dinamiche di potere nei rapporti affettivi.
In base a quali caratteristiche sono stati scelti i protagonisti e quale chiave espressiva si è dimostrata vincente per rappresentare sul palcoscenico la violenza?
Ho volutamente evitato ogni rappresentazione esplicita, affidandomi alla forza dei simboli e traslando tutto nella sfera psicologica. Mi sono avvalsa di danzatori dalla grande capacità interpretativa. La protagonista è intrappolata in una realtà claustrofobica, ma spesso ciò che vediamo può essere interpretato come una prigione mentale. Il gioco di ombre, insieme agli elementi scenografici e ai movimenti coreografici, raccontano un controllo invisibile che si esercita sul corpo e sulla mente della donna, allo scopo di privarla di ogni forma di autonomia fino alla perdita dell’identità.
In questo gioco pericoloso uomo e donna sono protagonisti in egual misura. Com’è stato lavorato il personaggio maschile?
La figura maschile è appunto ambigua: un uomo reale o un’immagine creata dalla mente, simbolo del condizionamento e delle aspettative esterne sulla donna? All’inizio appare come un’ombra indistinta che manipola la protagonista quasi fosse una proiezione dei suoi stessi timori o desideri. Lascio alla sensibilità del pubblico una libera interpretazione.

È prevista un’esperienza immersiva con l’utilizzo di cuffie per potenziare il viaggio emozionale dello spettatore in quanto l’elemento sonoro è una componente fondamentale dello spettacolo.
L’ambiente sonoro è stato curato da Dario Casillo, che ha creato una vera e propria immersione uditiva. Il pubblico può decidere se seguire con l’ascolto in cuffia per sentirsi completamente avvolto dai suoni. Questo approccio accentua il senso di isolamento della protagonista e permette al pubblico di vivere l’angoscia e la tensione in modo più diretto e viscerale.
Da cosa nasce la scelta della scenografia?
Era fondamentale comunicare un senso di claustrofobia ma in un modo poetico e metaforico. La scenografia, ideata da me, è stata realizzata da Rosario Imparato, con costumi di Dario Biancullo e luci di Enrico Giordano. Gli elementi scenici sono quindi pareti con specchi, materassi ecc creati apposta per dare un senso di spazio chiuso e deformato. Gli oggetti e i corpi appaiono e scompaiono, creando un’illusione di controllo.
Senza svelare troppo, che tipo di epilogo e di messaggio bisogna aspettarsi da questa tua creazione?
È una storia dal finale inquietante che vuole spingere a una riflessione: cosa succede quando l’amore diventa un atto di controllo anziché di libertà? La violenza spesso si annida dove meno ce lo aspettiamo, e l’arte può aiutarci a dare un nome e una forma a ciò che resta invisibile. La costrizione e il possesso non possono appartenere alla natura dell’amore. Ci sono segnali importanti che vanno riconosciuti.
È più difficile riconoscere una relazione tossica o liberarsene?
Non saprei, ma di certo la società condiziona ancora molto le nostre aspettative sui ruoli di genere.
