Claudio Pennino poeta e Traduttore Napoletanista presenta la sua trascrizione in Napoletano dell’opera letteraria”Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a Volare.

redazione Pino Attanasio

direttore Carlo Ferrajuolo

Questa traduzione in napoletano della Historia de una gaviota y del gato que le enseñó a volar di Luis Sepúlveda si inserisce nella plurisecolare e nobile tradizione di trasportare in lingua napoletana grandi classici della letteratura mondiale. Essa, inoltre, intende valorizzare e mantenere viva la parlata napolitana che sempre più spesso è deturpata dalle storpiature di coloro che la scrivono con sconvolgimenti ortografici e sintattici. Di conseguenza, l’impegno principale nell’approccio a questa operazione è stato quello di non tradire: né la lingua di partenza, lo spagnolo, attenendosi strettamente al testo originale e cercando di rendere al meglio lo stile dello scrittore, né quella d’arrivo, il napoletano.

nella foto di Pino Attanasio lo scrittore e poeta Napoletano Claudio Pennino

Come criterio di qualità si è scelto di utilizzare una terminologia appropriata e una ortografia coerente e corretta, a partire fin dal titolo, preferendo il termine gavina invece dell’italianissimo, e sicuramente più familiare, gabbiano. In napoletano, infatti, il nome del popolare uccello marino è reso con gavina o guaguina o quaquina, termini tutti più fedeli, così come il corrispondente termine spagnolo gaviota, all’originario etimo latino, gavia. Questa scelta ben si colloca nel nostro proposito di voler preservare e rivalutare, riproponendoli, alcuni termini napoletani che si avviano lentamente, ma inesorabilmente, all’oblio, come pascone, mmorra, pecune, vozzola, usciola.

Allo stesso modo, si è fatto ricorso soltanto ai termini riportati nei vocabolari storici della lingua napoletana (E. Rocco, 1882; R. Andreoli, 1887; A. Altamura, 1968, etc.), seguendo la purezza e la corretta ortografia dei lemmi, ad esempio: volo > vuolo; sforzo > sfuorzo; cerchio > chirchio; stanco > stracquo; gravone > cravone; curtile > curtiglio; bagaglio > bauglio; ordine > ordene; facile > facele; etc, senza mai corromperla con neologismi, italianismi o barbarismi.

Per quanto riguarda invece i termini tecnici, come quelli pertinenti al campo semantico dell’aerodinamica, frequenti nel racconto, e in ogni caso per tutti i termini moderni non presenti nei vocabolari succitati, si è cercato di proporli nella lingua che userebbe oggi un parlante di napoletano.

La veste linguistica napoletana è stata creata utilizzando anche, laddove appropriate, espressioni di uso comune della lingua d’arrivo (stà ’e veletta; lieggio ’e pede; a ll’intrasatta; a llicchetto) allo scopo di conferire al testo parole, modi e costrutti propri della nostra parlata.

Per favorire la comprensione da parte dei lettori meno avvezzi al napoletano, il testo è stato corredato in appendice di un glossario, speriamo esaustivo, dei termini probabilmente meno noti.

Dal punto di vista grammaticale, ove opportuno si è preferito evitare il condizionale dei verbi, oramai pressoché scomparso nella parlata, sostituendolo con il più comune congiuntivo, come ben confermato, ad esempio, dalla nota poesia di Eduardo: Io vulesse truvà pace, in luogo di un più arcaico Io vurria truvà pace.

Ortograficamente si è preferito di rappresentare il raddoppiamento fonosintattico della consonante iniziale delle parole, come il plurale femminile (’e ffemmene), e di quelle generate dall’articolo determinativo maschile singolare neutro (’o ffuoco), e, comunque, in tutti quei casi in cui i lemmi sono preceduti da elementi duplicanti. Allo stesso modo si è scelto il raddoppiamento interno della consonante M intervocalica anche in quei casi in cui tale fenomeno va scomparendo (chilommetre; limmeto; catramma).

Si è proceduto, laddove consentito, alla contrazione della preposizione articolata e della preposizione impropria, mediante l’uso dell’accento circonflesso (al > a + lo > ô; fore a lo barcone > fore ô barcone). Si è altresì intervenuti nella grafia della mutazione apofonica nei casi di legazione vocalica (chillu guaglione).

Per quanto attiene i nomi dei personaggi, si sono lasciati invariati quelli che non trovano un corrispondente in napoletano, come, ad esempio, Kengah, o quelli che, come Secretario, mantengono inalterata la loro forma nel passaggio tra le due lingue. Altri invece sono stati regolarmente tradotti: Afortunada > Furtunata, Colonello > Culunnello, Matías > Mattia. Harry, proprietario del Bazar del porto, è diventato don Errico, con l’aggiunta, quindi, dell’appellativo d’onore, tradizionale nell’Italia meridionale, che si premette al nome di una persona di riguardo.

Il protagonista del racconto, Zorbas è diventato Zorba. Per conferire al nome Zorba il suono rafforzato dell’affricata alveolare sonora, come nel sostantivo italiano zero, avremmo dovuto scriverlo con un raddoppiamento consonantico iniziale (Zzorba) che, però, non rendeva ortograficamente e, soprattutto, appesantiva la lettura del testo, per cui, si è preferito lasciarlo inalterato. Nel corso del racconto, Zorba viene spesso definito semplicemente gato. In aderenza al testo originale, abbiamo scelto di tradurre tale definizione con il maschile ’o gatto, e non con il femminile ’a jatta, utilizzato comunemente in napoletano per indicare i gatti di qualsiasi sesso.

Un discorso a parte va fatto per il personaggio del gatto Sabelotodo, il cui nome vuol dire “che sa tutto”. Perciò, onde mantenere inalterato il gioco di parole espresso dall’Autore, si è pensato di tradurre il nome di questo gatto con Strolocosaputo, dove stroloco sta, letteralmente, per astrologo, ma, figuratamente, anche per saccente, indovino, mago, e saputo sta per saggio, dotto e, scherzosamente, borioso. Riteniamo, con questa costruzione, di aver rispettato lo spirito ironico di Sepúlveda.

Durante lo svolgimento della storia, Sabelotodo/Strolocosaputo consulta spesso i volumi della sua enciclopedia, ordinati secondo l’alfabeto spagnolo. Ovviamente, le iniziali delle parole spagnole in genere non corrispondono a quelle delle corrispettive napoletane (ad esempio, tortilla > frettata) e l’alfabeto spagnolo è diverso da quello napoletano. Come criterio generale si è allora scelto di assegnare ogni parola cercata dal gatto erudito a un volume il cui numero corrisponde alla lettera iniziale in napoletano, cosicché, ad esempio, frettata si trova nel volummo sei, lettera F, della ncecropedia.

Un particolare ringraziamento va a mia figlia Arianna, il cui contributo è stato assolutamente prezioso per rendere adeguatamente ogni sfumatura della traduzione dallo spagnolo, e a Sergio Travi che ha curato, con grande professionalità, la revisione del testo.

Claudio Pennino

                                                                                                         

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