Gaming patologico: il lato oscuro dei videogames

Seppur la stagione ufficiale di Imagine – Il Mondo Che Vorrei è ormai conclusa, posso dire che alcuni episodi di cronaca che avvengono quotidianamente non possono non essere approfonditi, passati bene a scanner. Oggi infatti il nostro focus si è incentrato su un fenomeno che si sta allargando a macchia d’olio, la dipendenza da videogiochi, o Gaming Patologico in gergo tecnico. 

Ecco, come si sono evoluti i videogiochi nel corso del tempo? Negli anni le tecnologie hanno condizionato ampiamente lo sviluppo dei nuovi videogame, creando dei prodotti che riescono a dare un’esperienza videoludica sempre più coinvolgente. Nel corso degli anni i videogame hanno avuto una vera evoluzione, sono riusciti ad uscire al di fuori delle sale gioco fisiche e di approdare all’interno delle nostre case. Pensiamo all’arrivo delle prime console, e qui affiorano nella mente di un vecchio ottantino quale sono tanti ricordi. Penso a quando ho fatto perdere la testa da 12enne a mio padre per farmi regalare l’Atari, una console che un ragazzino di oggi vede come un gioco per neonati, o addirittura il Commodore 64, nonno di un moderno pc. Giochi molto semplici ( addirittura la cartuccia Atari del calcio aveva come personaggi delle sagome, un campo in verticale e udite udite nessun portiere! ). Nel tempo i videogiochi hanno subito dei grandi cambiamenti e hanno permesso di assegnare all’utente un ruolo sempre più attivo. Il giocatore infatti può compiere delle scelte che possono condizionare ampiamente il percorso che deve affrontare per raggiungere la vittoria ( e, tornando all’esempio del gioco del calcio ora i calciatori hanno un aspetto reale, una perfetta copia della persona vera e con caratteristiche reali ). L’utente prova delle emozioni e delle sensazioni nuove, che rendono la sua esperienza unica nel suo genere. Il progresso ovviamente non si ferma e siamo sicuri che nel corso dei prossimi anni il mondo dei videogiochi riuscirà ad assumere nuovi significati, simbolici e non, che rivoluzioneranno ancora di più quello che per molte persone è un vero e proprio punto di riferimento nell’ambito dell’intrattenimento digitale. Ma c’è da soffermarsi su un punto in particolare credo, e lo dico pensando a vecchi ricordi della mia adolescenza. Il videogioco era un divertimento ma non solo in solitudine ( si giocava da soli solo in rari casi ) ma soprattutto per stare in compagnia, per condividere un momento di relax con i propri amici, per socializzare insomma. E, almeno personalmente, questo l’ho fatto fino ai miei 20 anni ( il sabato ci si riuniva tra amici a casa dell’uno o dell’altro per fare mega sfide o tornei al mitico Fifa sulla Playstation ). Ora tutto è cambiato, la tecnologia in primis, e personalmente mi piace sempre meno. Tanti ragazzini isolati ognuno a casa propria a giocare online con amici e in alcuni casi anche con estranei ( e qui diventa molto pericoloso ), cuffie nelle orecchie immersi in mondi del tutto virtuali, come tanti zombie…

Un quadro generale fatto da recenti inchieste circa l’isolamento sociale dei ragazzini di oggi è che improvvisamente diventano asociali, si ritirano dentro la loro stanza, dove restano per gran parte del giorno, vestiti in pigiama. Escono soltanto per mangiare, raramente per farsi la doccia. È la dipendenza del terzo millennio, quella a cui rischiano di andare incontro i giovani d’oggi. L’abuso di videogiochi è in vertiginoso aumento: comincia come un divertimento, all’inseguimento del videogioco più moderno e tecnologico, e con giochi non sempre creativi o ludici ma di giochi eccitanti e compulsivi, quasi sempre giochi “sparatutto”, quelli in cui il protagonista uccide gli altri, usati dai ragazzini come valvola di sfogo della loro rabbia. Ecco che man mano la situazione può sfuggire di mano agli stessi genitori, e si può arrivare al gaming patologico…

Un aspetto che bisogna dire è che il mondo di oggi è di gran lunga più frenetico rispetto a quello vissuto da me e da tutti i ragazzi degli anni 80/90… Posso dire ( con orgoglio ) di essere stato uno degli ultimi per generazione ad aver vissuto la fase dell’infanzia e dell’adolescenza con il sostegno diretto di genitori e di una mamma presente in casa. Oggi le cose sono nettamente cambiate, per poter sostenere una famiglia dal punto di vista economico è necessario che entrambi i genitori lavorino, ma ciò porta anche ad una conseguente assenza in casa… Non vuol dire che non si preoccupano della loro salute: solitamente si preoccupano nel vedere i figli che, joystick in mano, trascorrono tantissime ore davanti ai giochi elettronici. Non sanno come comportarsi, sono spaventati dal loro comportamento e a volte, anche dalle reazioni esagerate che hanno davanti ai tentativi di interrompere il gioco. Hanno timore possano sviluppare una dipendenza, che possano essere condizionati dalle immagini di violenza della maggior parte dei giochi che appassionano i ragazzi e che, alcuni giochi, possano alterare l’umore e il comportamento dei ragazzi. Ci si può chiedere: ma come bisogna comportarsi? 

Questa è la domanda che mi sono posto qualche giorno fa, dopo aver appreso dal tg la notizia del matricidio a Napoli da parte del figlio 17enne … Un figlio che uccide con ben 30 coltellate la madre per cosa? Una ricarica negata per i videogames! Sembra assurdo ma ahimè è la realtà!

Non possiamo però negare la realtà dei fatti, i videogames moderni esistono, ce ne dobbiamo fare una ragione, non possiamo fermare la tecnologia e la moderna infanzia/adolescenza! A questo punto noi adulti dobbiamo imparare a convivere con questo stato di cose cercando di trovare piccoli espedienti per non far affondare i giovani nel baratro Gaming patologico e quindi possiamo: 

– Non demonizzare i videogiochi. Molti genitori tendono a mantenere le distanze e a criticare questo tipo di strumenti, senza sapere che i videogiochi hanno anche effetti positivi per l’apprendimento, lo sviluppo di abilità cognitive, di ragionamento, la presa di decisioni e la gestione degli obiettivi. Non tutti i videogiochi sono uguali e non è tanto lo strumento in sé ad essere nocivo, ma un suo utilizzo incondizionato e compulsivo.

– Conoscere e avvicinarsi al loro mondo. Bisogna cercare di cogliere, nel rapporto con la tecnologia, il loro punto di vista e avvicinarsi a questo mondo che rappresenta comunque una parte della loro vita. Il genitore deve dialogare con il figlio e condividere con lui i suoi interessi, a volte standogli vicino, proponendo di giocare insieme o parlare semplicemente del gioco che sta portando avanti, non solo per indagare ma per fargli venire voglia di parlarne, creando un momento di dialogo.

– Dare maggiore presenza. Bisogna evitare di cadere nell’errore di usare, sin da quando sono piccoli, i videogiochi come “babysitter”, visto che i figli stanno lì buoni e lasciarli soli a giocare ore davanti allo schermo, senza interessarsi minimamente di quello che stanno facendo. È necessario inoltre NON comprare o permettere l’utilizzo di certi videogiochi ai figli, senza conoscere di cosa si tratta e senza fornirgli quegli strumenti che possono fungere da filtro a certi contenuti.

– Concordare insieme il tempo. I figli devono sapere che il tempo per i videogiochi c’è, ma ha un limite. E’ importante stabilire insieme un tempo massimo da trascorrere a giocare, magari utilizzando anche un orologio in modo che si rendano conto del tempo che hanno passato davanti allo schermo e mantengano un filo con la realtà. Si dovrebbe vietare l’uso notturno perché va ad interferire con la qualità e la quantità del sonno e quindi va a ledere le capacità attentive e di concentrazione, intacca l’umore, il ritmo sonno-veglia e grava sul sistema immunitario. Se proprio non ci si dovesse riuscire si può anche pensare di toglierla dalla stanza durante la notte perché a volte fanno finta di andare a dormire e poi si rialzano e continuano a giocare. Deve essere una delle condizioni che dovete definire in una sorta di “contratto” che andrete a stipulare con loro.

– Proporre delle alternative valide per loro. È necessario suggerite attività di svago e divertimento che i figli potrebbero fare con i loro amici o con voi, tenendo conto della loro età e dei loro interessi. Aiutateli a creare delle occasioni per farli uscire e interagire con i coetanei fuori dal mondo virtuale. Loro diranno che parlano con gli amici mentre giocano e sono in contatto con loro. E’ vero perché sono sempre relazioni tecno-mediate che non devono mai sostituire quelle fisiche. Attenzione anche al fatto che attraverso la console sono comunque collegati ad Internet, hanno possibilità di scambiarsi file e di chattare con gli amici, anche quelli che non conoscono. Spiegategli i rischi legati all’interagire con sconosciuti, a non dare mai informazioni personali, indicazioni specifiche, non attivare la webcam per far vedere casa e se stessi oltre al gioco, non inviare nessun tipo di materiale perché si aggirano anche molte truffe e molti adulti che, attraverso il gioco, adescano i ragazzini.

– NON interrompere il gioco bruscamente. Molti genitori disperati arrivano a staccare la spina o la connessione ad Internet pur di interrompere il gioco che il figlio altrimenti non riesce a fermare. Questo però attiva spesso reazioni di rabbia, frustrazione e conflitto che non porta a nulla. Si rischia così di far saltare la fiducia e portare il figlio a giocare di nascosto e trovare espedienti pur di arginare gli ostacoli. Bisogna valutare la situazione con obiettività. E’ vero che avete concordato il limite di tempo, è vero che tanti ragazzi tendono a non avere confini ma è anche vero che c’è situazione e situazione, a volte stanno concludendo la partita, magari stanno raggiungendo il loro record e staccare la spina significa rovinare tutto il lavoro che hanno fatto. Prima di prendere una decisione così drastica che va a violarli e a ledere il rapporto con voi, chiedete e valutate. Oltretutto ci possono essere dei giorni in cui possono giocare di più, magari sono stati bravi a scuola e possono essere premiati, altri hanno meno cose da fare o hanno creato una situazione con gli amici di condivisione. Dovete essere in grado e si vede dal loro atteggiamento quando è una compulsione il gioco o quando è solo una foga. E’ altrettanto vero che quando hanno un nuovo gioco è normale che facciano le “chiuse”, che trascorrano più ore attaccati allo schermo perché lo vogliono scoprire, perché c’è la novità, l’adrenalina e la curiosità. In questi casi è anche normale che si “abbuffino” di videogiochi. Il tempo che trascorso a giocare, però, deve diminuire man mano che passano i primi giorni e rientrare nella norma. Se sono in vacanza o nel weekend possono anche giocare un po’ di più, se sono giorni in cui non escono per via del tempo o per via degli amici che non ci sono, anche, ma devono essere tutte condizioni monitorate insieme a voi e concordate volta per volta, in modo tale che capiscano che c’è sempre chi è pronto a mettere un paletto ed un limite perché se aspettate che lo facciano loro in autonomia si farà sicuramente notte.

– Cogliere la presenza di difficoltà e disagi. Il videogioco è il deterrente perfetto per evitare di pensare ai problemi, è qualcosa che attrae, che distrae facilmente, per cui può essere utilizzato per evadere dalle difficoltà, che si possono avere a scuola, con i compagni, dai conflitti familiari, dalla quotidianità che può essere vissuta con un certo malessere. Bisogna capire se ci sono dei problemi che fanno desiderare al figlio di fuggire nel mondo virtuale e affrontarli insieme, prima che diventi dipendete.

– Il sequestro non è il metodo più efficace per non farli giocare. Sequestrare una Playstation ad un figlio che gioca abitualmente, è una punizione emotivamente molto pesante. Si vanno ad intaccare nelle loro abitudini profonde e in ciò che gli permette di scaricare le tensioni emotive, di non pensare, di passare il tempo e di, paradossalmente, socializzare. E’ visto dai figli come una violazione del loro spazio. Con il sequestro e con le minacce non si ottengono buoni risultati, non si recupera il ruolo e l’autorevolezza genitoriale, non si ottiene il rispetto, anzi, l’obbedienza è data solo dalla paura, non dalla comprensione di ciò che è stato fatto. Il dialogo e il tiro alla fune costante, cioè, i compromessi, sono il metodo più efficace per ottenere che il senso delle regole e dei paletti possa essere ascoltato ed accettato. Oltretutto, non si deve mai dimenticare che se anche gli sequestrate la console, basta che vadano a casa di qualche amico e giocano con loro oppure si collegano con lo smartphone e giocano a qualcos’altro pur di continuare a giocare.

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