La Luna di Kiev, l’orrore della guerra in una commovente poesia 

L’orrore ingiustificabile della guerra, le conseguenze del suo perdurare e una fioca speranza dentro il truce orizzonte. La luna di Kiev del collettivo Ribut è la poesia che meglio riesce a raccontare il raccapricciante massacro che devestando l’Ucraina da un anno.

Ispirata alla filastrocca di Gianni Rodari, di cui stravolge totalmente toni e lessico, il componimento paragona la capitale ad una moderna Guernica. Tra i versi, dai sentori squisitamente classici, quello che emerge con maggiore prepotenza è Il fallimento della storia va di passo a quella dell’umanità, incapace di convivere pacificamente sotto la luce riflessa di una luna stanca del sangue versato, avvilita dai continui scontri tra fratelli. 

La Luna di Kiev

(Gianni Rodari, La luna di Kiev, 1960)

Chissà se la luna

di Kiev

è bella

come la luna di Mosca,

o se sopra i carri

armati

di gendarmi

fino ai denti

il suo bagliore

(fausto squarcio luminoso s’una nuova Guernica)

è perfino più bugiardo

Ma son sempre quella!

(la luna incostante protesta)

Son candido zucchetto

scettro

conteso tra notti celesti

e vermiglie cecità

Non giurar

sul mio mutevole moto

che inargenta le cime di tutti questi faggi

e querce, pini, abeti, salici e castagni 

che così volubile

fu sempre il cuore e il pensiero degli uomini alla guerra

Non lacrimar

sull’immortale sudario

d’ogni tremito esplosivo

sirena d’incendio

furto d’innocenza

genocidio di stato

che come farsa si ripete la storia già caduta.

Oh gentiluomini,

così breve è il sorso!

Non mercenari,

siete nati a

camminar

sulle teste dei re!

Viaggiando quassù

Io faccio luce a tutti quanti:

Caini e Abeli

superstiti, inetti e omicidi

E, dal Cremlino al Mar Morto,

i miei raggi viaggiano

senza pregiudizio

né passaporto

Ma sono solo stanca io,

quanto mi vorrei voltare

e addormire! 

Ché questa immobilità vana

mi costringe a dirigere

gli occhi miei fissi 

sulla Superficie cangiante.

Il mutamento non chiede 

permesso 

e non so più distinguere 

i punti della Terra 

se non dal sangue disperso. –

Prima che Apollo giunga col carro

Soffia, o astro, l’argenteo baleno

Sopra l’iride cerulea degli innocenti,

E dona loro un conforto nel buio

Chissà se la luna

di Kiev

è bella

come la luna di Mosca,

chissà se è la stessa

o soltanto sua sorella… 

o se il nevischio di marzo

ha sepolto

anche il barlume

di un’amara

ultima 

resistenza.

La poesia chiude Ribut, la nuova raccolta poetica pubblicata da Guida, editore napoletano sempre attento a scovare nuovi talenti. Ribut (trascrizione fonetica di “reboot”), da poco disponibile all’acquisto online e in libreria, racchiude parole, illustrazioni e musiche, che disegnano armonicamente un percorso estremamente complesso e coinvolgente. Ma non solo.

Questo libro, un progetto corale degli autori Marcello Affuso, Maria Laura Amendola, Lucia Maritato e Manuel Torre, dell’illustratrice Federica Dias e del cantante Achille Campanile, rappresenta un unicum nel panorama letterario mondiale, poiché è di fatto il primo reebot letterario in commercio.

Tutte le poesie, infatti, sono riscritture e reinterpretazioni di celebri poesie. Da Saffo ad Alda Merini, passando per Montale e per Rodari, appunto, sono molti gli autori che il collettivo ha destrutturato, accarezzato, citato in una imperdibile trionfo poetico. 

In coerenza con gli intenti politico – culturali dell’opera, Il ricavato delle vendite verrà devoluto all’associazione di promozione sociale Patatrac, che sostiene iniziative nel campo dell’educazione non formale e della progettazione sociale, con particolare riguardo alle tematiche relative alla promozione umana e civile.

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