La tomba di Scipione L’Africano, tra i rifiuti di Lago Patria e case abusive.

Alla tomba e al parco Antica Liternum ci si arriva (da Napoli città) percorrendo la tangenziale con uscita Lago Patria oppure dalla Domiziana per chi arriva da Formia, Roma ed il basso Lazio.

Un sito archeologico di tale levatura culturale  dovrebbe avere ed ottenere la giusta valorizzazione, come  probabilmente avviene  in ogni parte del mondo  civilizzato. Quante volte abbiamo sentito che l’archeologia e la storia sono la ricchezza dell’Italia e sopratutto del centro-sud? Quante promesse, parole,  soltanto parole abbiamo sentito in proposito? Qui invece, nonostante siano state impegnate risorse ingenti provenienti dal Por FESR Campania 2000/2006 che  a partire da agosto 2006  ha messo a disposizione circa 480mila euro del I lotto dei lavori (ai quali vanno aggiunti, anche se risultano impegnati solo in parte, circa 2,5 milioni di euro del II lotto) abbiamo avuto come risultato di trovarci davanti solo una desolante distesa di  sterpaglie e rovi. Un luogo meraviglioso e pieno di storia e bellezza. Come è possibile che sia così abbandonato? Perché al suo interno sono edificato case abusive.

Scipione L’Africano

Scipione fu spesso paragonato a Cesare nelle sue qualità di intelligente, esperto e fantasioso generale, ma anche per la sua generosità e clemenza.

Viene anche da pensare che Cesare abbia preso spunto da lui in alcune sue iniziative, come ad esempio di far combattere gli uomini in inverno quando nessun popolo lo faceva, addestrando i militari in questa stagione e attaccando quando il nemico non se lo aspettava.

Scipione, che possedeva sotto il suo comando solo 37000 uomini, quando si scontrò con Annibale, che aveva ben 50000 uomini e 80 elefanti, per spaventare gli animali ebbe l’idea di squillare corni e trombe facendoli fuggire. Cesare per inseguire le navi liguri più veloci delle sue, si inventò e face fabbricare giganteschi arpioni con cui lacerò le vele nemiche immobilizzando le navi. Due grandi condottieri e due geni, l’uno costretto all’esilio, l’altro ucciso.
Scipione riuscì a battere Annibale durante la II guerra punica nella battaglia di Zama, e per questo venne soprannominato l’Africano, ma le invidie altrui lo portarono a contrasti con il senato perché si diceva che si fosse arricchito alle spese di Roma, solo per non avere reso conto allo Stato dei 500 talenti ricevuti da Antioco III, re di Siria.

Scipione disgustato dalle accuse fatte circolare da Marco Porcio Catone, e dal processo che gli avevano intentato i suo i nemici, abbandonò Roma e si ritirò in volontario esilio nella sua modesta e arroccata villa a Liternum, dedicandosi ai lavori agricoli, “piantando mirti e olivi con le proprie mani” e lì morì nel 183 a.c..

Valerio Massimo narra che “nell’amarezza del suo cuore per l’ingratitudine de’ suoi concittadini, Scipione ordinò in punto di morte che fossero scolpite sul suo sepolcro le celebri parole :“Ingrata Patria, ne ossa quidem mea habebis” (ingrata Patria, non avrai neanche le mie ossa) e pare infatti che “il pezzo di marmo con la parola “patria” incisavi, rinvenuta in quel luogo appartenesse alla sua tomba”  Ma la sua tomba non fu mai ritrovata.
Esistono invece leggende secondo cui la torre “detta ora Tor di Patria fu edificata coi materiali della villa di Scipione e sul luogo preciso della sua tomba e sotto la torre fu trovato il celebre busto di Scipione in età senile che mostrava sulla testa calva una delle 27 ferite da lui riportate al Ticino” . Esistono anche delle testimonianze su una torretta di avvistamento romana sul litorale di Liternum.

Così venne descritta la villa di Scipione:

“La sua villa era costruita di semplici pietre quadrate, che non ammettevano ornamenti. Il suo bagno era stretto e oscuro. L’edifizio veniva difeso da due torri, e circondato da un bosco; un’ampia cisterna forniva l’acqua ai suoi orti, ch’egli stesso si occupava a coltivare. 
Ne’ tempi di Plinio il Vecchio si mostravano alcuni olivi ed un albero di mirto che diceansi piantati dalle sue mani. Una schiera di pirati si accingeano ad assalire questa villa; allorchè seppero che vi dimorava Scipione deposero all’istante le armi, e gittandosi a’ suoi piedi, gli offrirono de’ doni, assai contenti di averlo veduto. Il vincitore di Siface, de’ Cartaginesi, vi morì dopo quattro anni, sotto il peso di un’accusa che gl’impediva di tornare a Roma…
Literno si onorò talmente di aver dato l’ospitalità al vincitore di Annibale, che fece dipingere nella piazza pubblica e negli altri portici le sue imprese.”
Dopo il 1860 il territorio fu ceduto al Demanio e poi venduto purtroppo ai privati, anche se il demanio dovrebbe essere inalienabile. Oggi l’estensione del tessuto urbano ha portato le costruzioni a ridosso degli scavi ed è capitato anche che durante l’ampliamento di un ristorante siano stati trovati resti della città antica.

Si tramanda da fonti autorevoli, come Tito Livio e Seneca, che la tomba di Scipione stesse nel portico che circondava il Foro, certamente monumentale e con la statua dell’eroe, ma finora non ce ne sono tracce, evidentemente trafugata.

GLI SCAVI

Gli scavi, dove veniva utilizzato e viene utilizzato tutt’ora il sistema della quadratura, cioè si scava per zone, iniziarono nel 1930. Gli scavi condotti sul tracciato di un’antica via romana hanno portato alla luce 11 sepolcri, individuando tra l’altro ben sei chilometri della via Consolare Campana, oggi irrimediabilmente perduta, perchè come al solito il basolato entra nelle ville dei ricchi ad adornare i loro giardini e viali. Non si tratta di pessimismo, perchè il basolato dell’Appia Antica ha fatto quasi tutto quella fine.

In seguito, scavi eseguiti dal 1932 al 1937, hanno riportato alla luce il Foro, il Capitolium, il Tempio, la Basilica, il Teatro, quartieri abitativi e stralci di viabilità urbana; un’area artigianale e ambienti di carattere commerciale; resti di un santuario con portico, di un complesso termale e di un anfiteatro e la cosiddetta Ara di Scipione l’Africano.

Nel tempio si veneravano principalmente Giove, Minerva e Giunone e nella basilica si amministrava la giustizia. Un abitato dunque ricco e articolato.

Nel 1960 il comitato promotore dei Giochi del Mediterraneo che si disputano quell’anno a Napoli sceglie l’area a cavallo del foro dell’antica Liternum per impiantare un nuovo edificio, pur sapendo che sotto di esso c’è l’antica colonia romana, e dove si presume si conservino ancora i resti di gran parte delle domus e botteghe romane.

Ma il permesso, “non si capisce perchè”, viene accordato, alla faccia dell’archeologia, e sorgono le strutture di un moderno Villaggio Olimpico destinato ad ospitare gli atleti della nazionale jugoslava.

Oggi quel villaggio è divenuto un parco privato; all’incirca 400 anime che vivono su una nuova probabile “Pompei”.
«Proprio in occasione di uno scavo per l’installazione del nuovo condotto fognario all’interno del parco privato» spiega la archeologa Adriana d’Avella «abbiamo condotto un saggio che ha riportato alla luce i resti di un’antica fornace per la lavorazione dell’argilla e la fabbricazione dei laterizi, segno dell’elevato grado di sviluppo della colonia romana».

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