ONU: l’Italia non è un paese a misura di persona disabile

Onu: l’Italia non è un Paese a misura di persona disabile. E all’estero qual è la situazione?

Come funziona l’assistenza sanitaria all’estero? Nel resto del mondo gli spazi sono più confacenti alle loro necessità? «In Italia prevale la diffidenza…», ecco il punto di vista delle famiglie…

I disabili in Italia sono circa 4 milioni. Nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, l’Onu sostiene che l’Italia non è un Paese a misura di disabile. Tra le ragioni: i fondi scarsi, il clima discriminatorio e soprattutto le barriere architettoniche.

La strategia europea sulla disabilità 2010-2020 proposta dalla Commissione europea interviene in alcuni settori prioritari. Fra i più importanti, l’uguaglianzal’occupazione, la salute e l’accessibilità. Per quest’ultima in particolare, l’obiettivo primario è rendere beni e servizi accessibili a tutti e promuovere il mercato dei dispositivi assistenziali. In questo contesto specifico, in Italia, si è distinta per la propria attività, la Onlus FIABA, un’organizzazione senza scopo di lucro che ha come obiettivo quello di favorire la rimozione di tutte le barriere fisicheculturalipsicologiche e sensoriali per la diffusione della cultura delle pari opportunità. Nonostante gli sforzi dell’organizzazione, in ogni caso, in Italia i diversamente abili hanno ancora una vita difficile, soprattutto in termini di accessibilità.

Ma all’estero qual è la situazione? In Francia, per esempio, la vita dei disabili e delle loro famiglie è probabilmente di migliore qualità rispetto al nostro Paese. Infatti, la Maison Départementale des Personnes Handicapées (MDPH) lavora in stretta collaborazione con i genitori per l’orientamento e la definizione di un progetto personalizzato di scolarizzazione. Mentre nel campo professionale, la  Commissione dei Diritti e dell’Autonomia dei Disabili (Commission des droits et de l’autonomie des personnes handicapées, CDAPH) permette di usufruire di vantaggi per trovare un lavoro o per conservarlo.

Anche in Inghilterra il governo risulta essere efficace nel sostenere le persone con disabilità, infatti una buona percentuale di diversamente abili è impiegata in attività lavorative e, secondo i dati, i programmi di supporto sono in crescita. Inoltre Londra in particolare risulta essere una città ampiamente predisposta per le persone con difficoltà motorie: i mezzi pubblici, dalla metro, agli autobus ai taxi sono accessibili per chi si muove in carrozzina, aeroporti e stazioni sono facilmente raggiungibili e dal punto di vista infrastrutturale, i luoghi pubblici hanno poche scale e rampe per consentire il libero accesso a tutti.

A questo proposito ascoltiamo l’opinione di Marco Perrone, autore televisivo con un figlio disabile che ci racconta le sue esperienze di viaggio istituendo un confronto fra l’Italia e l’estero: «Quello delle barriere architettoniche è un problema grave in Italia, questo è innegabile, ma ritengo che la barriera architettonica più forte e difficile da abbattere siano le persone».

«In realtà – prosegue – mi è capitato di viaggiare all’estero con mio figlio, e non ho potuto fare a meno di notare che l’approccio in generale delle persone nei confronti di chi ha delle problematiche di salute, è diverso rispetto al mio Paese. Anche il concetto di ‘normalità’ all’estero è completamente diverso dal nostro. Le persone ti guardano con il sorriso e vedi disponibilità nei loro occhi, qui invece si respira ancora diffidenza, purtroppo capita che le persone ti evitino, le vedi in difficoltà, non sanno come comportarsi».

«Mi consola il pensiero che questo approccio fortunatamente stia cambiando. Stanno nascendo nuove sensibilità – conclude Perrone -, i ragazzi che hanno problemi non rimangono più nascosti dentro casa come avveniva tempo fa. In quest’ottica un grande supporto, per quanto riguarda la mia esperienza, è stato lo sport. Tutto quello che si fa nello sport è utile per rendere il più possibile ‘normale’ la vita di chi ha problemi fisici, lo sport sta portando un cambiamento e qualsiasi cosa riusciamo a fare per accelerare questo cambiamento è importante».

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