A cura di Valentina Capuano
In un racconto di Marco Perillo, la storia romanzata di Emanuele Maurizio D’Elbeuf, duca D’Elbeuf e principe di Lorena, che, durante il suo soggiorno a Portici non solo commissionò a Ferdinando Sanfelice la costruzione di Villa D’Elbeuf, la prima delle 122 ville vesuviane del Miglio D’oro, ma contribuì al rinvenimento di reperti archeologici dai quali avrebbero avuto inizio gli scavi per portare alla luce l’antica città di Ercolano.
In una pubblicazione in formato tascabile (Colonnese editore), ma ricca di informazioni storiche, Marco Perillo, giornalista e scrittore, ricostruisce l’affascinante storia di Emanuele Maurizio D’Elbeuf, duca di Elbeuf, principe di Lorena, Barone di Routot e di Quatremarre ,ambientata a Portici nel XVIII esimo secolo.
Attraverso un monologo interiore del protagonista, il blasonato rampollo figlio del duca Carlo di Lorena e imparentato con l’illustre casato di La Tour d’Auvergne , si ricostruisce una narrazione che parte dall’anno 1938, quando, ormai poco più che sessantenne, il principe di Lorena rientra a Portici, dove , poco più di un ventennio prima, nel pieno del fulgore, del potere e della giovinezza, aveva fatto costruire , commissionandola all’architetto Ferdinando Sanfelice, una fastosa residenza.
L’edificio, denominato Villa D’Elbeuf, riveste oggi particolare importanza storica per lo sviluppo di Portici come sito reale. Esso fu, infatti, la prima delle 122 ville vesuviane del Miglio D’oro. Il palazzo settecentesco, di pianta rettangolare, si sviluppava su due piani, con una loggetta dalla parte del Vesuvio e due terrazze sul mare, una verso Torre del Greco e l’altra verso Napoli.
Una residenza maestosa, che il principe D’Elbeuf era stato costretto a cedere anni prima al nobile Giacinto Falletti, dopo essere caduto in disgrazia.
Ma ora, a distanza di anni, avrebbe avuto l’opportunità di tornare a Portici, proprio in quella residenza, ospite del nuovo proprietario , per rivivere i ricordi indimenticabili di quegli anni felici e soprattutto per recuperare un reperto archeologico prezioso tenuto nascosto, un magnifico busto femminile, un’amazzone dalle fattezze perfette, che gli ricordava Maria Teresa Straboni, la donna che avrebbe sposato in prime nozze.
Un uomo avventuroso, un dissidente sprezzante del pericolo il Principe di Lorena, che aveva condotto una vita sregolata, ma non priva di soddisfazioni. Passato nel 1706 al servizio dell’imperatore Giuseppe I d’Asburgo, che lo nominò luogotenente generale della propria cavalleria a Napoli, la sua condotta non fu gradita da Luigi XIV di Borbone, che lo fece processare per diserzione e condannare all’impiccagione in effige, una sorta di processo in contumacia riservato a chi era sfuggito alle maglie della giustizia.
Il periodo successivo , trascorso a Portici fu per lui spensierato e anzi di riscatto. Decise quindi di costruire la sua residenza a Portici al culmine di un periodo di benessere economico e fu proprio in questo periodo che, per puro caso s’imbattè, in un territorio adiacente ai suoi possedimenti, in ritrovamenti archeologici dei quali riconobbe subito l’inestimabile valore.
Fu proprio da quel terreno , entrato in possesso del principe di D’elbeuf , che sarebbero partiti i primi scavi per portare alla luce le rovine dell’antica città di Ercolano.
Ma dopo anni trascorsi serenamente a Portici la sua esistenza sarebbe stata nuovamente rivoluzionata dopo le nozze con Maria Teresa Straboni, quando fu richiamato in Austria dall’imperatore Carlo D’Asbusrgo che, probabilmente indispettito per non aver ricevuto invito per le nozze, fece rinchiudere in convento la sua giovane sposa.
Pieno di rimpianti e sopraffatto dal dolore il principe , a distanza di anni chiede ospitalità al nuovo proprietario della Villa che fece costruire a Portici, sperando di poter recuperare il magnifico busto femminile tenuto nascosto al mondo, magari per poterlo vendere o magari per ricucire i rapporti con i Borbone : Re Carlo di Borbone e sua moglie Amalia di Sassonia sono attesi in quella villa e hanno chiesto di incontrarlo. L’incontro sarà chiarificatore: il re e la sua giovane consorte sono appassionati di opere d’arte e di archeologia e inoltre, la bellezza della villa e dei luoghi adiacenti incanterà a tal punto i reali da indurre Re Carlo di Borbone a costruire proprio a Portici una residenza estiva di corte , la Reggia di Portici.