Raffaele Guadagno, con il suo libro “Tempo, col mio amante stronzo”, ci offre una testimonianza cruda e profonda del suo percorso di vita segnato da un ictus che ha stravolto la sua esistenza. In questa narrazione, l’autore esplora non solo il dolore e la fragilità, ma anche la resilienza e la forza che nasce dalla vicinanza della famiglia e dalla consapevolezza che, nonostante tutto, il tempo è il dono più grande che abbiamo. Un viaggio interiore che tocca temi universali come la lotta contro le difficoltà, l’importanza dell’amore e della gratitudine, e la capacità di affrontare le sfide più dure con coraggio. In questa intervista, lo scrittore ci racconta la sua esperienza, condividendo i momenti più difficili e le riflessioni che ne sono nate.
Nel suo libro, lei parla dell’ictus come un terremoto che ha sconvolto la sua vita. Qual è stato il momento più difficile da affrontare durante il percorso di riabilitazione e come ha trovato la forza per andare avanti?
Il momento più difficile è stato quello vissuto le prime settimane quando dall’ospedale venni trasferito nella struttura riabilitativa. Venivo da un periodo di coma indotto, muto, non camminavo di fatto allettato. Non avevo ancora coscienza di quanto fosse veramente accaduto, dell’uragano che aveva travolto la mia persona. Tra me e me, non potendo parlare ma solo “mugugnare”, pensavo “tanto tra poco vado a casa è tutto torna come prima”. Che sciocco io. Quello che pensavo fosse la fine era solo l’inizio di un incubo maledetto. Quando finalmente compresi durante le prime sedute di fisioterapia e, soprattutto, logopedia che la mia stava cambiando non in meglio vedendo dove mi trovavo e le altre persone come me spinto su una sedia a rotelle pensai che non doveva essere quella la mia vita. Ho descritto nel libro uno dei momenti terribili di farla finita. Poi è entrata in gioco lei, la forza della vita, l’amore verso la mia famiglia.
La vicinanza della sua famiglia è un tema centrale nel libro. Come hanno contribuito sua moglie Valeria e sua figlia Matilde a darle la forza necessaria per affrontare il cambiamento?
Appunto dicevo che è stato il loro amore, mi hanno sempre considerato al centro del nostro progetto di famiglia. Eppure la sofferenza che hanno dovuto subire per me è stata tanta. Avere la famiglia a fianco a te fa la differenza. Ne ho visti molti che sono stati abbandonati. Non è facile mettere la tua vita a disposizione interamente di altri. Pur essendo marito o moglie, non è per nulla scontato. Anzi.
Ha descritto la gratitudine come una delle lezioni più preziose apprese dal suo viaggio. C’è un momento particolare che rappresenta questa gratitudine?
Il mio viaggio non è ancora finito è appena iniziato. Ora posso dire di essere grato nel senso che ho una visione della mia nuova vita più vera, reale. Vedo cose a cui do un significato che prima mai avrei dato. Il solo fatto di essere qui a parlarle già rappresenta una gratitudine.
Il titolo del libro, “Tempo, col mio amante stronzo”, è molto evocativo. Qual è il messaggio che voleva trasmettere scegliendo questa metafora del tempo?
Il tempo è la cosa più importante che abbiamo. Senza tempo non esistiamo, nulla esiste. Il tempo è vita, speranza, dono. Il tempo è la percezione e rappresentazione della modalità di successione degli eventi, per cui essi avvengono prima, dopo o durante altri eventi. E sono eventi che possono cambiare la vita. Quindi il tempo stesso diventa vita.
Il suo racconto tocca temi universali come la fragilità e la resilienza. Che consiglio darebbe a chi si trova a vivere una situazione simile alla sua?
Sono temi importanti che bisognerebbe insegnare nella didattica scolastica. Unico consiglio che posso dare è quello che prendere il meglio dal peggio. Perché la vita è bella e, comunque sia, vale sempre la pena di essere vissuta. A qualunque costo.