Anthony Heinl colora il teatro Bolivar con il suo “Blu Infinito”

“In una goccia d’acqua s’incontrano i segreti di tutti gli oceani”: la frasedi Khalil Gibran è anche il principio ispiratore di “Blu Infinito” dell’Evolution Dance Theatre, lo show di danza che andrà in scena venerdì 5 aprile, alle ore 21.00. al teatro Bolivar (Via Bartolomeo Caracciolo, 30), diretto da Nu’Tracks. La Compagnia è pronta ancora una volta a trasportare il pubblico in un mondo in cui non esistono limiti all’immaginazione. Giochi di laser e specchi, riflessi, rifrazioni, schermi chimici reagiscono e catturano la luce, creando mondi in cui le ombre dei danzatori si muovono e comunicano. L’Illuminazione futuristica contrasta l’oscurità che avvolge i performer in un blu misterioso in cui fluttuano luminescenti creature.

Il direttore artistico e coreografo Anthony Heinl ci ha condotto nel suo “blu”, raccontandoci qualche retroscena.

In “Blu infinito” è protagonista l’elemento acqua. È quindi da lì che prende vita la tua ispirazione?

Trovo interessante che l’effetto luce sia diverso nell’acqua rispetto a fuori. L’ispirazione mi viene sempre guardandomi in giro con grande curiosità. Un luna park, un negozio di giocattoli, la natura stessa o una gara sportiva… tutto può diventare fonte di creazione e non è importante da dove arrivi l’idea ma dove mi porta, dove vuole andare.  Di solito non mi piace riprodurre una storia già conosciuta ma possibilmente crearne una nuova.

Che cos’è il Light Wall?

È un muro che scende composto di fosforo che ha una reazione chimica particolare alle frequenze di luce e questo succede anche con i laser. Il Light Wall è un muro luminescente e la scena teatrale non è fatta solo da ciò che si vede avanti ma è anche ciò che sta dietro.

Le coreografie vedono la fusione di arte scienza e tecnologia. Quanto hanno condizionato gli studi di fisica e chimica?

In realtà ho iniziato tardi con la danza che è arrivata dopo la lotta libera e il nuoto. Poi per lungo tempo ho costruito macchinine telecomandate. Il padre del mio migliore amico era geologo, faceva esperimenti ed io guardavo tutto questo con grande curiosità Mi divertiva capire come fossero fatti i lettori dvd; sapevo aprirli e rimetterli a posto. Alwin Nikolais fu il primo ad abbinare alla danza l’illusionismo, gli effetti visivi e anche composizioni musicali create dal pc. Momix ha proseguito tutto questo in un modo molto affine al mio modo di sentire e lavorare con loro è stato un sogno nel quale mi riconoscevo pienamente: una vera magia.

In compagnia ci sono danzatori, ginnasti e contorsionisti. Com’è il connubio tra linguaggi diversi?

Il movimento è alla base di tutto e fra loro si creano addirittura più possibilità di generare quadri e situazioni diverse. Poi si tratta solo di scegliere i momenti migliori. È divertente vedere un ginnasta che impara dai danzatori classici e viceversa. In ogni caso la compagnia teatrale è formata da 8 elementi ma c’è una predominanza di danzatori.

Quanto durerà lo spettacolo?

In genere un’ora e 30 minuti ma al Teatro Bolivar meno perché non ci sarà pausa tra un primo e un secondo tempo.

Quanto tempo è trascorso dall’idea al debutto?

Questo spettacolo è stato pensato nel corso della pandemia e ci sono voluti due anni per giungere al debutto nel giugno del 2021. Era un momento molto difficile in cui eravamo costretti a indossare sempre le maschere e dove tutto cambiava ogni giorno… un vero incubo.

Cosa si spera di innescare nello spettatore con questo show?

Vorrei che gli spettatori uscissero più felici di quando sono entrati, che trovino nello show qualcosa di stimolante e che si sforzino di capire come abbiamo fatto (siamo molto veloci nelle nostre creazioni così da cercare di lasciare quanto più possibile nel pubblico il dubbio). Di sicuro tutto è stato costruito con passione e immaginazione e da uno spettacolo di cinque, sei ore ne abbiamo ricavato uno di poco più di un’ora che posso assicurare non sarà noioso.

Cosa vuol dire venire a Napoli?

A Napoli c’è il cibo migliore d’Italia, ho lì tanti cari amici e ho fatto tanti stage. Lo trovo un posto unico al mondo e tornarci sarà veramente molto, molto piacevole. Parlo abbastanza l’italiano ma il napoletano è molto più difficile; per fortuna c’è una danzatrice casertana in Compagnia che mi insegna sempre qualcosa di nuovo. Se penso al centro storico e ai motorini che sfrecciano, trovo che Napoli sia una città molto veloce con una grande storia mentre se penso alla pizza che mi è capitato di aspettare al tavolo mezz’ora; ecco forse lì vado in sofferenza perché a New York non ci sono abituato.